sabato 29 marzo 2014

Bianca come il latte, rossa come il sangue


Bianca come il latte, rossa come il sangue, di Alessandro D'Avenia.

Questa è la seconda volta che accetto di leggere - e recensire - un libro per qualcuno. Il richiedente è una persona a cui non posso dire di no: mia sorella.
Le sue parole sono state, più o meno, "Leggilo e recensiscilo. È il libro più brutto che abbia mai letto". Senza possibilità di farle articolare qualcosa in più perchè secondo lei avrei capito a pagina 3 cosa intendeva.
E aveva ragione.
Spoiler.

Non è solo un romanzo di formazione, non è solo il racconto di un anno di scuola, è un testo coraggioso che, attraverso il monologo di Leo – ora scanzonato e brillante, ora più intimo e tormentato – racconta cosa succede nel momento in cui nella vita di un adolescente fanno irruzione la sofferenza e lo sgomento --- Leo ha sedici anni: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, le scorribande in motorino e vive in perfetta simbiosi con il suo iPod. Le ore di scuola sono uno strazio, i professori “una specie protetta che speri si estingua definitivamente”. Così, quando arriva un nuovo supplente di storia e filosofia, lui si prepara ad accoglierlo con cinismo e palline inzuppate di saliva. Ma questo giovane insegnante è diverso: una luce gli brilla negli occhi quando sprona gli studenti a cercare il proprio sogno. Leo ha un nemico che lo atterrisce: il bianco. Il bianco è l’assenza, tutto ciò che ha a che fare con la privazione e la perdita è bianco. Il rosso invece è il colore dell’amore, della passione, del sangue; rosso è il colore dei capelli di Beatrice. Perché un sogno Leo ce l’ha e si chiama Beatrice, anche se lei ancora non lo sa. Leo ha anche una realtà, Silvia, una presenza affidabile e serena. Quando scopre che Beatrice è ammalata e che la malattia ha qualcosa a che fare con quel bianco che tanto lo spaventa, Leo dovrà scavare a fondo dentro di sé, sanguinare e rinascere, per capire che i sogni non possono morire e trovare il coraggio di credere in qualcosa di più grande.

Se dovessi scegliere una parola per descrivere questo romanzo, sarebbe pretenzioso.
Ma visto che non devo sceglierne una ho deciso di allietarvi col perchè e il percome ritengo questo libro una boiata pazzesca.

Il mio problema principale è stato che mai, in nessuna pagina, ho sentito la voce di Leo: per tutto il tempo quello che ho sentito è stato un uomo adulto che cerca di parlare come un ragazzino, e peraltro non come un ragazzino di oggi: fino al momento in cui è apparso il primo riferimento tecnologico odierno io ero certa che il libro fosse ambientato negli anni '80. '90 al massimo.
Il modo in cui Leo parla, il modo di pensare, i riferimenti culturali... è come vedere la versione brutta di Notte prima degli esami. Cioè Notte prima degli esami - oggi.
Il disperato tentativo di Leo di essere attuale e GGiovane dopo le prime tre righe inizia a sorpassare il patetico per entrare a piene mani nel ridicolo: per esempio descrive il muro della scuola a due colori, come il Cucciolone.
Ora, c'è stato un momento in cui era effettivamente figo inserire quel gelato in una conversazione, ed era quando andavo alle elementari. Non so se valesse anche per medie e liceo... ma avendo un cugino di dieci anni so che oggi non vale nemmeno per le elementari.
In più il Cucciolone è a tre colori.
Oppure definisce il supplente come "nero come la Morte Nera", che è grigia.

Magari state pensando che sto spaccando il capello in tre, con questi dettagli, ma il non indifferente dettaglio è che D'Avenia ha deciso di spaccare i maroni a me, con i colori, perchè Leo ne è letteralmente ossessionato: in quello che credo sia un disperato tentativo di dargli spessore, l'autore ha deciso di fargli catalogare mondo ed emozioni per colori.
Il bianco rappresenta il nulla, il vuoto, ed è una vera e propria fobia. Al punto che mi chiedo come faccia Leo a vivere visto che ha quasi attacchi di panico se vede un muro.
D'Avenia
Il rosso è il colore della passione (che originalità) e rappresenta tutto quello che c'è di buono al mondo: rosso è l'amore, rossi sono i capelli di Beatrice, rossa è la vita degna di essere vissuta...
Poi c'è il resto dell'arcobaleno, ma ho iniziato a trovare la cosa inquietante dopo una pagina e mezzo. Non come il libro dove l'unità di misura era in "drago domestico del re", ma dopo un po' ho avuto l'impressione che D'Avenia fosse davvero contento dell'idea che aveva avuto e ci stesse insistendo un po' troppo: racconta la storia di una ragazzina che muore di leucemia attraverso i colori abbinati alle sensazioni da un protagonista deficiente.
Che è un po' come quei temi che ti davano a scuola quando la prof. era ispirata "Guarda la copertina del tuo quaderno e..." e prova a inventare qualcosa dal punto di vista di una tinta unita.

Più ci penso, più mi sembra un'ipotesi probabile.

Altro problema che ho avuto è che Leo è un'imbecille. Il classico moccioso truzzo, che dopo un po' ti chiedi se la tragedia è che quella povera anima di Beatrice negli ultimi mesi della sua vita avrà a che fare con lui, o se forse è un bene... insomma, dopo aver passato un po' di tempo con quel ragazzino immagino stesse pensando che morire non è poi così male.
Il nostro Leo è la voce narrante, e ammetto che all'inizio ho pensato che mi avrebbe fatto ridere tanto: appurato immediatamente che non esisteva possibilità alcuna che provassi empatia per lui, ho potuto deriderlo, e la cosa è facile.
Provate a leggere ad alta voce la parte relativa ai capelli. Il modo in cui questo tizio parla dei suoi capelli, dedicandogli una cura che manco un parrucchiere, e amandoli come se fossero un figlio.
È quasi commuovente, nella sua convinzione che essi siano in grado di comunicare il suo stato d'animo al prossimo (e restandoci male quando gli altri non capiscono), di rappresentare le sue idee, potrebbero essere l'unica cosa che si mette tra lui e Beatrice perchè se lei gli chiedesse di tagliarli lui non potrebbe mai farlo.
Vorrei linkare questo video, ma è troppo epico per uno come Leo, quindi vi metto questo:




La love story più coinvolgente dell'intero libro.

A parte queste due particolarità, Leo è l'adolescente scazzone che odia studiare ma nonostante questo è riuscito a sopravvivere al classico con un debito e basta, e con un'ignoranza sorprendente... tipo che prima dei sedici anni non sapeva che Dante era follemente in love con Beatrice o che aveva scritto La Vita Nova.
Questo ha ucciso la mia sospensione dell'incredulità perchè so che c'è questa idea che gli adolescenti siano dei caproni, che la scuola faccia schifo, e che tutti acquistiamo magicamente un minimo di cultura generale verso i vent'anni. Ma la realtà è un filo diversa.
La realtà è che nonostante la caduta libera dell'istruzione pubblica, i compiti li devi fare e un minimo devi studiare: Leo è in un liceo classico, e non esiste che al classico tu non sappia che Dante a scritto La Vita Nova se non dal giorno 1, dal giorno -2.

Per l'amor del cielo, spaccavano la schiena a noi giovani virgulti dello scientifico con la letteratura!

Sono queste piccole cose che finiscono sempre per buttarmi fuori dalle pagine, i piccoli dettagli che lo rendono verosimile - o inverosimile - soprattutto se ambientato nella nostra realtà.

Queste sono appunto piccole cose. Parliamo di quelle grandi.
Il romanzo sarebbe di formazione, un genere che non è che mi faccia impazzire in generale, ma riconosco che c'è modo e modo di farlo. Questo non è, a mio modesto avviso, il modo migliore. Il libro ci presenta Leo come un ragazzo assolutamente nella media, saccente, desideroso di essere come tutti gli altri, e con le idee molto confuse su come giri il mondo.
Stando a questo libro avrete la possibilità di maturare, di trovare un qualche senso alla vita e alla sofferenza, se vi capiterà l'immane fortuna di veder morire qualcuno a cui tenete.
Altrimenti mi dispiace, siete destinati a rimanere stupidi e superficiali.

Leo è anche una persona molto egoista: la mia impressione è che non gliene freghi niente di Beatrice. Beatrice è il sogno, la ragazza che ha spiato per un anno senza avere il coraggio di parlarle. È un ideale, una meta.
Che sarebbe stato anche interessante se si fosse visto Leo che concilia l'idea che si è fatto della ragazza con la realtà... ma invece lei è angelica e adorabile proprio come se la immaginava lui: intelligente, gentile, coraggiosa. La classica malata di cancro da fiction, quella che non ha mai un momento di debolezza, che non è mai arrabbiata col destino.
Too good for this sinful Earth.

Beatrice è talmente irreale che non mi importava niente che ce la facesso o meno: non è una persona vera. È impossibile vederla come una persona vera, lei è al massimo l'immagine di un morto, quando tutti i lati negativi spariscono e si ricordano solo le cose belle. Con l'eccezione che lo è da subito: prima è una ragazza idealizzata, poi è una santa, poi è povera piccola ragazza morta.
Non posso affezionarmi e non può dispiacermi, perchè non la sento vera.
In più la sua sofferenza esiste solo in relazione a Leo: a Leo mica dispiace che Beatrice stia morendo.
No, lui è disperato perchè gli stanno portando via il suo sogno, perchè lui vuole Beatrice e non la può avere, perchè lui sta soffrendo, perchè lui non sa come affrontare la cosa, lui, lui, lui, lui.
Non pensa mai a lei, e di base siamo costretti a vedere il dramma della morte di un'adolescente riflessa nel dolore di quello che se la voleva fare, ma poi ha cambiato idea perchè è malata e volersela fare comunque vorrebbe dire che è un porco e non la ama davvero di un amore puro.

I miei sentimenti, una volta appurato che in pratica la morte di Beatrice riguarda Leo
Insomma, a  me è sembrato che questo libro parlasse di niente e che quello che vorrebbe dire l'abbiano già detto meglio altrove.
Ci sono dei momenti esilaranti, come la storia dei colori o dei capelli, o quando Leo parla di come lui sa figo ed un "Pirata" come Johnny Depp (suppongo per un maldestro riferimento a Jack Sparrow, ma a me veniva in mente il povero Pantani), ma sono stati molti di più i momenti noiosi.
E credo che D'Avenia si sia inserito due volte: il professore è chiaramente lui oggi, ma per me Leo è lui da adolescente.

14 commenti:

  1. Ce l'ho in e-book, perché me lo hanno prestato, ma non credo che lo leggerò mai....

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  2. Ha l'aria di essere un libro pedante e pomposo come pochi.
    La tua recensione però è davvero spettacolare XD Ad ogni modo, ho segnato questo libro nella lista di quelli "Da evitare come la peste", perché già trovo i romanzi di formazione poco di mio gradimento, ma se poi sono anche così saccenti e superficiali... no grazie.
    E di nuovo: splendida recensione (e splendido video "barbuto" XD)

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    1. Più che pomposo direi autocompiaciuto :P decisamente non brilla nel panorama dei romanzi di formazione... a volte proprio non li capisco questi casi editoriali XD
      Il video barbuto è geniale, e diciamo che mi aspettavo un finale diverso X°°°°D

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  3. Io ho visto il film, che tra l'altro mi è piaciuto e volevo leggere il libro. Ma poi mi è capitato un articolo sull'autore e non mi è piaciuto per niente e quindi ho lasciato perdere il libro!!!
    Sto cercando di recuperare quell'articolo, ma non riesco a trovarlo :( spero non sia stata una bufala! In ogni caso non mi sono persa nulla!!!

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    1. Il film mi incurioscisce, più che altro per vedere se ha dei picchi di recitazione cagna come quelli tratti dai "capolavori" di Moccia >___<
      L'articolo è quello dove si diceva che D'Avenia aveva preso ispirazione da una ragazzina morta davvero?

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  4. Nolo :( a me era piaciuto :) va beh, meglio per me XD questo non toglie che la tua recensione sia ironica e divertente XD

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    1. Decisamente meglio per te XD
      Ma son contenta che la recensione ti sia piaciuta lo stesso ^-^

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  5. Già questo libro a pelle non mi ispirava... Dopo questa recensione credo che gli starò lontana come la peste XD

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    1. Credo ci sia una notevola scelta di libri con argomento "ragazzin col cancro" decisamente migliori di questo :/

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  6. Odio questo libro con tutta me stessa.
    Già mi ha fatto schifo per come ha trattato la cosa, ma poi c'è tutto il retroscena della ragazzina davvero morta di cancro.
    A parte questo, la tua recensione è pure gold come al solito.

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    1. È un libro veramente pessimo, e quella storia lo rende addirittura peggiore :(

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  7. L'unica cosa che ancora apprezzo di quel libro è il titolo! L'ho mollato credo a trenta-quaranta pagine di insulsaggine e finta semplicità. Peggio di Moccia ahimé!
    In più, quando son venuta a sapere della storia vera che c'era dietro e di come si sia comportato l'autore ho deciso che non comprerò mai nessun suo libro, non merita!

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    1. Oddio, peggio di Moccia non direi. Almeno D'Avenia è in grado di costruire un periodo XD

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